Fare memoria per liberare la città dalle contraddizioni. Il discorso di Antonello Buscema

Fare memoria per liberare la città dalle contraddizioni. Il discorso di Antonello Buscema
14 Maggio 2022 Concetta Bonini

Intervento di Antonello Buscema, presidente dell’Associazione Franco Ruta, alla cerimonia di intitolazione del vicolo Franco Ruta, il 25 aprile 2022.

A poco più di un anno dalla presentazione alla Prefettura di Ragusa della istanza, con relativo dossier, per l’intitolazione a Franco Ruta di questo vicolo, celebriamo il raggiungimento di un obiettivo che ci siamo intestati fin dall’inizio come associazione. Un’associazione che, come detto all’atto della sua costituzione, ha avuto l’ardire di chiamarsi col nome dello stesso Franco, per rappresentare la ferma intenzione di operare rispettandone d evocandone lo spirito e lo stile.

Quando ho saputo la notizia della firma del Prefetto sul provvedimento che di fatto autorizzava a “legare” per sempre questo vicolo al nome e alla storia di Franco, ho pensato a mio suocero!
Era originario della provincia di Messina e fino a 40 anni era vissuto a Palermo, per poi trasferirsi a Modica temporaneamente, per motivi di lavoro. Vi resterà per sempre, infoltendo l’innumerevole schiera di persone diventate modicane di adozione. Mi raccontava, infatti, che essendo in procinto di trasferirsi, chiedeva informazioni sulla città e fu sorpreso dalle parole di un amico di Scicli che, dandogli indicazioni sul tragitto che va dalla stazione al quartiere San Paolo dove si trovava la pensione affittata, gli disse: uscito dalla stazione, dirigiti verso il centro. Arriverai presto in un posto che tutti chiamano “u Strittu” ed invece è “largu”!!!
Ebbene, anche noi, da oggi, quando vorremo dare ad un turista, ad un ospite, ad un qualsiasi visitatore, indicazioni sulle strade della nostra città, potremo dire similmente: camminando lungo Corso Umberto, quasi di fronte alla chiesa di San Pietro, incrocerai un vicolo che è molto piccolo ma che i modicani hanno intitolato ad un grande uomo: Franco Ruta.

Ringraziamo tutti coloro che hanno collaborato per questa intitolazione: l’istituzione prefettizia, l’Amministrazione comunale ed il sindaco, tutti i soci dell’Associazione, ed una in particolare, l’archeologa Annamaria Sammito che, come Franco, ci ha prematuramente lasciati e che con lui condivideva, oltre alla passione per Modica, la evidente dissonanza tra l’aspetto fisico (piccola e minuta Anna, lento e grave Franco) e la vulcanicità della loro mente.

Ed invero, pensandoci bene, questo era l’unico posto che si poteva intitolare a Franco Ruta. Solitamente il prestigio della persona a cui si decide di intitolare una via è correlato all’importanza della strada stessa. Non è il nostro caso! Questo vicolo era certamente la scelta migliore possibile non solo per l’ovvia constatazione che qui c’è la bottega dell’Antica Dolceria Bonajuto, ma anche perché questo luogo e questo spazio richiamano aspetti dell’animo di Franco.
Ne voglio evidenziare due.
Il primo: noterete che è uno spazio ristretto, quasi angusto, delimitato dagli alti muri degli edifici che lo circondano, ma se alzi gli occhi per cercare più luce, ti trovi direttamente a guardare il cielo! E non è questa la stessa sensazione che molti di noi hanno vissuto parlando e chiacchierando con Franco? Con lui, persona semplice e disponibile, si cominciava a parlare di cose quotidiane, spontanee, ordinarie; si chiacchierava, appunto, senza pretese. Poi, d’un tratto, ti accorgevi che la discussione si era levata in alto, puntava direttamente verso il cielo dove lui l’aveva portata naturalmente, con le sue pacate riflessioni, i suoi fini ragionamenti, le sue geniali intuizioni, i suoi sogni.
Il secondo: non è una via di passaggio o nella quale insistono altre attività; chi lo imbocca o deve recarsi alla dolceria, o è un aitante giovanotto che vuole allenarsi salendo quelle ripidissime rampe di scale. Eppure, nella sua piccolezza, è in un posto strategico come una spina conficcata da una parte nel ventre della collina e la punta che punge sboccando sul corso principale della città. Come Franco, che con la sua discreta presenza, le sue stimolanti iniziative ed i suo lungimirante pensiero, era conficcato nel cuore di questa città e la pungolava quotidianamente e con passione.

Sin dall’inizio, abbiamo parlato di un gesto da fare, non “in ricordo” di Franco, ma per fare “memoria” di lui. Non che ricordare una persona sia un fatto negativo, ma ricordare vuol dire riportare alla mente un volto, una persona, un fatto, mentre fare memoria significa riportare al cuore il senso del suo agire, le motivazioni che l’hanno animato, i messaggi che ci ha lasciato, arricchendo così la cultura e la natura di una comunità. Significa capire come l’ha aiutata a crescere ad acquisire una sua specificità, che la differenzia e la caratterizza da altre, e di cui andare orgogliosi, nel pieno rispetto di quella altrui.
Per questo ci sono uomini per cui non è sufficiente il solo ricordo, ma di cui occorre fare memoria, a vantaggio soprattutto dei giovani che, comprendendo su quali valori è fondata la comunità di cui fanno parte possano valutare e condividere il patrimonio ricevuto. È questa consapevolezza che accresce il loro radicamento ed i loro senso di appartenenza e li indurrà, come si fa con un oggetto prezioso, a preservare e a tramandare, arricchito del proprio contributo, questo patrimonio, di generazione in generazione. Se non c’è tutto questo lavorio in una comunità, che senso ha parlare di appartenenza? Che significa modicanità? Nulla o, al massimo, anacronistico campanilismo. Fare memoria dunque di uomini come Franco è una necessità, prima che un obbligo e il non riconoscerli non è un torto a loro, ma un mancato riconoscimento di noi stessi delle fonti della nostra “modicanità”.
Non è un caso se la Chiesa – che, avendo solcato venti secoli di storia, è considerata, a prescindere dall’essere credenti o meno, “esperta in umanità” fin dal suo nascere -, nella celebrazione del rito più importante, l’Eucarestia, mediante il quale rivive il mistero della morte e resurrezione del Cristo, ovvero l’accadimento per lei fondativo, ha sempre ribadito di fare memoria e non più semplicemente di ricordare ciò che accadde duemila anni fa.

Da queste riflessioni nasce dunque, il nostro appello alla città ed alle sue istituzioni, non solo a ricordare, ma anche e soprattutto a coltivare la memoria di Franco e di tanti altri nostri concittadini
Sono tanti i motivi per cui coltivare la memoria di Franco ma non è ora il momento di elencarli tutti (molti li citammo alla presentazione dell’associazione che porta il suo nome) ma tre, i principali, li voglio ribadire.

  1. Franco ha sempre lavorato, certamente, per la sua azienda, come fa ogni imprenditore, ma al contempo ha portato sempre con sé in giro per il mondo Modica ed il suo territorio. Dal suo lavoro non è infatti nata una multinazionale del cioccolato, una Nutella di turno, ma una rete di aziende che insieme alla sua innervano il tessuto economico di questa città.
  2. A chi gli chiedeva il segreto del suo successo, rispondeva che il non aver segreti era il suo punto di forza e che l’attenzione alla qualità era la sua stella polare. Chi ha un segreto rimane chiuso in se stesso, perché deve guardarsi da chi glielo vuole carpire. E siccome tutti i segreti esistono per essere scoperti, il successo che garantiscono è effimero. Chi ha come riferimento una stella, la qualità, appunto, ha un riferimento visibile a tutti e tutti potranno decidere se seguirla o meno. Constateranno che la qualità è garantita non da ricette segrete ma da competenza, professionalità, costante e paziente studio. Tutte caratteristiche che hanno bisogno di tempo e di affinamento. Insomma, capiranno che, come diceva Franco, essa è lenta ma alla lunga vince. Questo ha seminato Franco non chiudendosi geloso nel suo laboratorio ma aprendosi e diventando icona del vero agente di sviluppo che ogni territorio vorrebbe avere e che molti ci hanno invidiato. Un ruolo di leader informale ma autorevole di cui lui, uomo schivo, non si gloriava. Delle sue idee rimase convinto fino alla fine, anche quando divennero motivo di amarezza, allorquando percepì che alcuni, equivocando, insinuarono che la sua azione e la sua passione fossero non genuine ma interessate e valutavano la sua presenza ed il suo spirito d’iniziativa non come un utile e prezioso contributo ma come ingombrante ricerca di protagonismo.
  3. È riuscito a creare un binomio, “Modica-cioccolato”, stabile e vincente, da cui Modica ha tratto un vantaggio in termini di visibilità e di riconoscibilità che nessuna operazione di marketing, per quanto sapientemente programmata e lautamente foraggiata, sarebbe riuscirà a garantire. Lo sperimentiamo tutti quando siamo lontani da Modica. L’ho sperimentato io durante la sindacatura, allorché potei constatare che appena dicevo di essere Sindaco di Modica, nella mente degli interlocutori veniva subito richiamato il cioccolato (e mi chiedevano se avessi portato qualche barretta da assaggiare, la qual cosa, dopo le prime magre figure mi suggerì di viaggiare avendone dietro una piccola scorta). Quanto questo sia stato strategico e importante in un mercato globalizzato e saturo di messaggi della più svariata natura, è facilmente comprensibile.

Non possiamo omettere che lungo questo percorso insistono limiti e contraddizioni. Infatti, se tutto quello che finora abbiamo detto di Franco è vero, io vi chiedo se è serio o, al contrario, se è invece tanto assurdo e tanto stridente da esporci al ridicolo.  pensare che oggi a Modica si possa dire o fare qualcosa di importante sul cioccolato che prescinda dalla figura di Franco e dal prestigio dell’Antica Dolceria Bonajuto.
È una cosa che, prima di offendere la memoria di Franco, offende l’intelligenza dei modicani.
Per rendere più viva ed immediata la percezione di quanto sia l’enormità di questa contraddizione, mi servo solitamente di un confronto. Un confronto con la città di Torino, certamente più grande e famosa di Modica, con spazi ed opportunità, dal punto di vista economico, infinitamente maggiori. Ebbene, immaginate per un attimo che a Torino si voglia organizzare, programmare, realizzare un evento importante che riguardi l’automobile. Che l’evento sia diffuso in tutto il mondo e si invitino gli operatori del settore a venire a Torino. Immaginate, poi, che questa gente, arrivata a Torino, si accorga che nella manifestazione non sia coinvolta la FIAT e che niente, nel bene o nel male, faccia riferimento alla famiglia Agnelli. Se, basiti, chiedessero lumi agli organizzatori sentendosi rispondere vagamente “Sì, la Fiat la conosciamo, ma qui non partecipa e della famiglia Agnelli conosciamo solo la passione per il calcio”, realisticamente ritengo che esclamerebbero “Ma qui sono diventati tutti matti?!?” e andrebbero via allibiti.
So che la situazione è complessa, ognuno ha una propria idea, che i torti e le ragioni non sempre si distinguono con nettezza. E quindi non si vuol fare processo a chi ha sbagliato. Se questa situazione persiste, può darsi che tutti abbiamo sbagliato in qualcosa: io, da sindaco, le attuali istituzioni cittadine, gli operatori economici. Lo stesso Franco!
Può darsi che qualcuno debba fare un passo avanti e qualcuno un passo indietro. Ma è necessario che tutti gli attori, a partire dal sindaco debbano lavorare perché presto Modica sia liberata da questa assurdità.

Oggi è la festa della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. I nostri padri hanno lottato e spesso reso la vita per liberare l’Italia. Ritengo che noi, senza essere eroi e non avendo un nemico tanto feroce di cui liberarci, con rischi e paure incomparabilmente minori, abbiamo l’obbligo di liberare Modica da questa contraddizione che mina anche la nostra credibilità. Non so se questa “impresa” basterà a renderci agli occhi dei nostri figli, cittadini di cui fare memoria, ma, ne sono certo, che ci eviterà il severo giudizio della Storia: una Storia locale, certo, ma pur sempre Storia, la nostra Storia.